Posto in corrispondenza del bivio che conduce a Riomagno e alla valle del Serra, il ponte del Pratale, principale via d’accesso a Seravezza, fu teatro, durante la sanguinosa estate del 1944, di uno dei più efferati episodi di violenza nazista compiuti su suolo versiliese. Alle prime ore dell’alba del 29 luglio 1944, infatti, dopo che fu esploso un colpo d’arma da fuoco – non si sa bene da chi e da dove – contro Villa Henraux, la signorile residenza appena superato il ponte sulla sinistra in cui le SS avevano posto da pochi giorni un loro comando, i soldati tedeschi si diedero alla rappresaglia: non riuscendo a rintracciare i colpevoli, cominciarono a rastrellare il fianco della montagna di fronte alla villa, in cerca del partigiano Giuseppe Tellini, che sapevano abitare in località “Uccelliera”. In mancanza del guerrigliero, arrestarono quattro uomini incontrati per caso, del tutto estranei ai fatti: Demetrio Bardini, 42 anni, fu fermato mentre faceva colazione in casa sua, Uria Viti, 44 anni, fu bloccato mentre falciava dell’erba, mentre Virgilio Furi, 53 anni, e Filiberto Tardelli, 38 anni, furono catturati poco lontano, mentre si stavano spostando in cerca di viveri lungo un sentiero.
Condotti al comando di Villa Henraux, i quattro furono interrogati: poco dopo, però, probabilmente sprovvisti di documenti, Viti e Furi vennero portati al Ponte del Pratale e brutalmente impiccati col filo spinato ai paloni di legno della linea elettrica, che si trovavano a valle del ponte, sulla sinistra, grossomodo dove oggi sorge la fontana dell’acqua pubblica.
Come monito per la gente del posto, gli aguzzini affissero al collo dei cadaveri dei cartelli di scherno, con su scritto “banditi”, e, per dissuadere la popolazione dall’intraprendere altre azioni contro le forze tedesche, comandarono di non rimuovere i corpi fino a nuovo ordine. Gli altri due arrestati, torturati per ore, vennero parimenti condotti al ponte e costretti a scavarsi la fossa ai piedi dei loro compagni: fucilati, furono infine sepolti sotto un sottile strato di scaglie di marmo. Quando nei giorni seguenti le autorità germaniche ordinarono l’evacuazione del comune di Stazzema verso la provincia di Parma, tutti gli sfollati della montagna, obbligati a percorrere quell’unica strada per giungere in pianura, dovettero assistere all’orribile spettacolo del Ponte del Pratale, che ancora oggi, non a caso, molti anziani versiliesi continuano a chiamare “il ponte degli impiccati”.