Dalla cima del Pontile di Forte dei Marmi si può godere di una splendida visione d’insieme del territorio versiliese. I documenti lo fanno risalire al XVI secolo, quando fu necessario approntare un molo attrezzato per imbarcare il prezioso marmo bianco estratto dalle cave del monte Altissimo, scelto personalmente da Michelangelo, destinato a Roma. Con il tempo, il Pontile, terminazione naturale dell’antica “via di Marina”, fu aggiornato e irrobustito, fino a raggiungere la sua forma definitiva nel 1877: lungo più di 300 metri, aveva una struttura in legno e, in testa, una possente gru in ferro massiccio, capace di sollevare blocchi di marmo pesanti anche 12 tonnellate, per poi caricarli nelle stive dei bastimenti. Dal momento che poteva ruotare solamente a sinistra, i fortemarmini la soprannominarono “Mancina”. Nel primo decennio del Novecento, anche Forte dei Marmi fu raggiunta dai binari della rete Tranvie Elettriche Versiliesi, che collegavano il mare con l’entroterra, fino ai
bacini marmiferi di Arni, nelle Apuane stazzemesi: in questo modo, il trasporto di materiali e persone si fece molto più rapido e conveniente. Fino alla Seconda Guerra Mondiale, il Pontile rappresentò dunque il cuore pulsante di Forte dei Marmi, brulicante di operai, pescatori, marinai, carri, blocchi e buoi dalle lunghe corna intenti a tirare i faticosi gravi.
All’indomani dell’8 settembre 1943, tuttavia, con l’occupazione della penisola da parte delle truppe tedesche, gli strateghi nazisti cominciarono a pianificare un bastione difensivo sulle alture appen
niniche, su cui ritirarsi per resistere all’avanzata alleata una volta che la Linea Gustav, al confine fra Lazio e Campania, avesse ceduto: progettarono così la Linea Gotica, che, nel suo estremo settore occidentale, attraversava proprio la Versilia, sfruttandone la vicinanza fra mare e monti a scopi difensivi. Mentre l’Organizzazione Todt, avvalendosi di manodopera locale, provvedeva a costruire bunker e trincee sulle colline e le alture delle Alpi Apuane, i genieri tedeschi rimuovevano qualsiasi struttura che avrebbe potuto ostacolare la linea di tiro di mitragliatrici e artiglierie sulla piana, demolendo abitazioni private, chiese e perfino tagliando alla radice moltissimi oliveti secolari. Al Pontile toccò una sorte analoga: mentre la spiaggia veniva minata, nel marzo 1944 venne fatto saltare con gli esplosivi, per impedire un suo possibile utilizzo in caso di sbarco alleato. Lo scoppio secco delle cariche rappresentò per gli abitanti del posto un terribile shock: il cuore pulsante del paese aveva cessato di battere. Terminato il conflitto, fra il 1955 e il 1958 il Pontile fu ricostruito in cemento armato, e, persa gradualmente la propria vocazione lavorativa, divenne il luogo di ritrovo più amato dai turisti italiani e stranieri che cominciarono ad affollare le estati fortemarmine a partire dagli anni ’50.