Durante la Seconda Guerra Mondiale gli abitanti di Villa Basilica si distinsero per aver aiutato chiunque avesse bisogno di concreta solidarietà. Sfollati da Lucca, Pisa, Livorno, e perfino di Genova, trovarono ospitalità ed accoglienza da questa popolazione.
Operando con saggezza ed estrema segretezza aiutarono con abiti, cibarie, disponibilità tutti coloro che transitavano da questo territorio per tornare al proprio paese. Sfamarono ed ospitarono soldati italiani, prigionieri anglo-americani… E nascosero – a rischio della propria vita – cittadini di cognome ebraico che erano riusciti a sfuggire dalla sicura deportazione verso i lager tedeschi.
Verso la fine del 1943, il Comando Generale dell’Organizzazione Todt ed il Genio della Wehrmacht emisero un bando con il quale si “invitavano” tutto gli uomini dei comuni che circondavano l’Altopiano delle Pizzorne a prestare la loro opera per la costruzione di una linea fortificata, chiamata “Linea Gotica”. Fu successivamente emessa un’ordinanza che obbligava gli uomini dai 16 ai 55 anni a partecipare alla costruzione della linea. Fu fatto tagliare un gran numero di alberi per favorire la visibilità e per ricavare il legname necessario per rivestire l’interno delle stanze sotterranee, i “bunker”, dove alloggiavano i militari tedeschi. Questi ultimi fecero altresì scavare trincee, protette da reticolari di ferro spinato, e piazzarono molte mine antiuomo.
In questo periodo, nonostante l’attentato vigilanza delle sentinelle tedesche, numerosi Villesi compirono tanti atti di sabotaggio, sottraendo materiali di ogni genere, facendo in modo che i lavori procedessero con estrema lentezza e -soprattutto- fornendo, via radio o attraverso staffette, al CLN di Lucca e al Comando della V Armata Alleata un censimento di tutte le opere difensive costruite dai tedeschi. Queste preziose informazioni permisero agli Alleati di attuare una strategia vincente. In effetti, quando i tedeschi si resero conto di quello che stava accadendo non rimase loro altro che abbandonare la zona con una precipitosa ritirata.
Importante fu l’attività svolta da un gruppo composto da una cinquantina di giovani inquadrati nella Formazione comandata da Pilade Perini, che ebbe -come più stretti collaboratori- Ernesto Domenici, Felice Scardiglia, Matteo Panigada, Nilo Sabbatini, Aldo Baiocchi, Egidio Bertolini, Mario Simi… Lo scopo di questo gruppo, oltre a cercare di anticipare la liberazione del territorio, era quello di proteggere e garantire l’incolumità degli abitanti di Villa Basilica e della Valleriana e salvaguardarne i beni artistici e archeologici.
Durante il mese di aprile del 1944 fu costituito il Comitato di Liberazione Nazionale di Villa Basilica.
L’8 settembre 1944, la V Armata Americana iniziò un incessante cannoneggiamento delle zone fortificate della Linea Gotica, costringendo i tedeschi alla ritirata. I Volontari della Libertà di Villa Basilica, dopo un’attenta ricognizione del luogo, avvertirono gli Alleati del ritiro delle truppe tedesche, in modo da porre fine al cannoneggiamento ed evitare inutili danni. Quando gli Americani entrarono in Villa Basilica finalmente liberata trovarono sopra il portone del palazzo comunale il tricolore che sventolava e, al suo fianco, il magnifico Pegaso in legno, simbolo del Comitato di Liberazione Nazionale Toscano.
Tale opera fu realizzata dal falegname-artigiano Ettore Cecchi, che lavorò nel suo retrobottega (nel centro del paese, dietro la pieve di Santa Maria Assunta e a pochi passi dal comando tedesco) di notte, al buio, senza far rumore, rischiando la propria vita.
Talmente forte doveva essere il sentimento di pace, libertà, uguaglianza e fraternità di questo umile villese, sempre disponibile verso i compaesani, da realizzare quel simbolo di liberazione in un momento storico in cui il mondo viveva una delle sue più profonde tragedie, sicuro che prima o poi i diritti fondamentali di ognuno sarebbero stati affermati di nuovo.
Ettore Cecchi ripose nella sua opera la felicità che avrebbe provato il giorno in cui il dramma sarebbe terminato e, quell’8 settembre, senza che nessuno sapesse o si accorgesse di niente, il Pegaso volò dal retrobottega al portone del palazzo comunale.