Luciana Pacifici, nata a Napoli il 28 maggio 1943, era figlia di Loris, viareggino d’adozione e di Elda Procaccia, entrambi di religione ebraica.
I nonni materni, Amedeo Procaccia e Iole Benedetti, lavoravano presso la Comunità israelitica di Napoli. Amedeo svolgeva le funzioni di shamash, cioè custode della Sinagoga e Iole era bidella della scuola materna. Elda aveva anche un fratello, Aldo, e una sorella, Ivonne. Aldo era sposato con Milena Modigliani di Livorno; la coppia aveva un bambino, Paolo, nato nel gennaio 1943. Ivonne era a sua volta sposata con un giovane ebreo viareggino, Sergio Oreste Molco; loro figlio era un bambino di qualche anno più grande: Renato. Tutti abitavano a Napoli.
A causa degli intensi bombardamenti alleati su questa città, nell’estate del 1943, Luciana, con i suoi genitori, i nonni Procaccia, gli zii e i cuginetti, in tutto undici persone, lasciarono Napoli e raggiunsero la provincia di Lucca, dove si trovavano gli altri nonni. Viaggiare in tempo di guerra era difficile per gli adulti; immaginiamo i disagi per bambini così piccoli.
Il gruppo si stabilì a Cerasomma, una frazione del comune di Lucca. Qui probabilmente, nonostante la guerra, Luciana e gli altri vissero giorni abbastanza sereni: i rapporti con i proprietari della casa erano buoni e le loro famiglie potevano contare sull’aiuto e l’affetto dei parenti. Non mancarono le reciproche visite. La guerra e le bombe avevano infatti indotto a rientrare in Versilia zii e cugini paterni di Luciana, mentre i nonni paterni abitavano a Viareggio; anche i nonni materni di Paolo, i Modigliani, si erano spostati da Livorno a pochi chilometri da Cerasomma.
Ma giunse il 30 di novembre e il ministro della Repubblica Sociale Italiana, da poco costituitasi, Buffarini Guidi, emise l’ordinanza di polizia n. 5 che prevedeva l’arresto di tutti gli ebrei e la confisca dei loro beni. I primi giorni di dicembre, una probabile segnalazione alle autorità fasciste della presenza di questo gruppo di ebrei portò al loro arresto.
Luciana venne catturata con i genitori e i nonni Procaccia, la zia Elda, lo zio Aldo e il piccolo Paolo, in tutto otto persone. Sfuggirono all’arresto il cuginetto Renato e i suoi genitori perché non si trovavano in casa.
Nel freddo dell’inverno, i piccoli e i loro familiari vennero condotti negli spogli locali del campo provinciale di concentramento per ebrei, a Bagni di Lucca, in località Bagni Caldi, dove rimasero prigionieri fino a gennaio. Sappiamo che i parenti cercarono di aiutarli, di star loro vicini, rendendo per quanto possibile meno dura la carcerazione; quando Paolo si ammalò, riuscirono a far andare un medico per visitarlo. Purtroppo proprio in questa attività di aiuto, venne arrestato Sergio Molco, il babbo di Renato.
Il 23 gennaio 1944 Luciana e gli altri ebrei arrestati, consegnati dai militi fascisti alle truppe naziste, furono condotti a Firenze e poi a Milano. Da qui partirono il 30 gennaio dal binario 21 verso Auschwitz in un convoglio di centinaia di ebrei. Da quel luogo Luciana e i suoi parenti, come moltissimi altri, non fecero ritorno.
Con i suoi otto mesi di vita Luciana Pacifici è la più piccola delle vittime della Shoah della provincia di Lucca e anche degli ebrei di Napoli.
La storia di Luciana è stata studiata e narrata attraverso un racconto illustrato dalla classe quinta della scuola primaria “Fratelli Cervi” di Filecchio (I.C. “G. Pascoli” Barga) (VIDEO)