Situata al termine della stradina che conduce al parcheggio del Centro di Formazione Professionale del comune di Pietrasanta, la lapide a memoria della strage di civili dell’Osterietta ricorda uno dei tanti episodi di violenza compiuti dai nazisti nei giorni immediatamente precedenti la liberazione della piana versiliese da parte delle truppe americane.
La storia del massacro dell’Osterietta ebbe inizio a Capezzano Pianore, frazione del comune di Camaiore distante appena 4 km in linea d’aria: là, infatti, viveva con la propria famiglia l’ingegnere Andrea Amedeo Peano, 46 anni, la cui abitazione, assieme a quella vicina, di proprietà del marchese Burlamacchi, venne requisita dai soldati tedeschi nel corso dell’estate del 1944. Quando i militari nazisti abbandonarono gli alloggi, il 9 settembre successivo, i proprietari, nel frattempo sfollati a Monteggiori, sulle colline retrostanti, fecero subito ritorno alle proprie dimore. Cinque giorni dopo, tuttavia, una pattuglia germanica rientrò inaspettatamente in paese, e fece irruzione nelle due residenze, arrestando Andrea Peano e Mario Bevilacqua, 34 anni, ex-ufficiale di marina e cognato del marchese, oltre a Battista Romboni, sfollato di 52 anni che in casa Burlamacchi aveva trovato ospitalità. Caricati i prigionieri su un camion, i tedeschi si mossero in direzione Pietrasanta, quando, lungo la via Sarzanese, grossomodo all’altezza del cimitero, s’imbatterono nell’anziano Giuseppe Simi, 68 anni, seravezzino, canonico della Collegiata di Pietrasanta, che, sfollato anch’egli a Monteggiori, si stava recando al comando germanico per richiedere un permesso che lo autorizzasse a rientrare nella propria chiesa: i nazisti fermarono il veicolo, e presero anche lui.
Peano e Bevilacqua furono condotti in località Osterietta ed assassinati il 15 settembre 1944, non lontano dal luogo ove oggi sorge la lapide; Romboni e don Simi, trascinati nello stesso posto, furono fucilati il giorno dopo.