Il 28 gennaio 1945 nei pressi di Cogna c’è uno scontro tra un gruppo di partigiani e alcuni alpini della Divisione Monterosa. Il diciannovenne Giuseppe Grigoli, sottufficiale repubblicano, viene ferito gravemente e nel corso del trasporto all’ospedale militare muore. Il funerale viene celebrato da don Giuseppe Mentucci, parroco di Sant’Anastasio, il 31 gennaio, con la partecipazione di parecchi parrocchiani.
Il giorno successivo viene ordinata la rappresaglia. Viene risparmiato il paese, ma sei uomini, in carcere a Camporgiano perché sospettati di attività partigiana, vengono portati fino a Cogna. Si tratta di Alfredo e Cesare Ferrari, residenti a Roggio (rispettivamente di 38 e 41 anni) e Amerigo Pedrini, 50 anni, pure lui di Roggio; Giovanni Samassa, 46 anni, e Agostino Talani, 45 anni, entrambi di Sillano; Adriano Tardelli, 50 anni, di Careggine. Il più noto, in zona, è proprio quest’ultimo. Conosciuto come “Baionetta”, ha nove figli ed è impegnato con i partigiani, come guida e staffetta. Grazie alla sua conoscenza del territorio, si occupa di far passare la linea del fronte a militari inglesi evasi dai campi di prigionia o ad altri perseguitati dai nazifascisti (ebrei, oppositori politici e così via): li ospita a casa sua, offre loro da mangiare e, nella notte, in cordata attraverso i sentieri apuani li porta in salvo tornando a casa prima che venga giorno. Al tempo stesso, trasmette ordini e informazioni tra forze alleate e partigiani. Alla fine, però, viene arrestato e condotto a Camporgiano.
Quello che avviene il 1° febbraio 1945 lo descrive nei dettagli proprio don Mentucci:
«Nel mattino del 1° febbraio fui chiamato da due soldati e, presentatomi al Comandante, mi chiese del ministero sacerdotale per sei condannati alla fucilazione in rappresaglia per l’uccisione del Grigoli. Poco dopo arrivarono i condannati. [con loro] arrivò anche il sacerdote prof. Bruno Nobili Spinetti. Era presente il dott. Giovanni Rocchiccioli, parente di don Bruno; il dott. Rocchiccioli conobbe dal sottotenente che don Bruno sarebbe poi stato rilasciato e di ciò venne avvertito dal dott. Rocchiccioli e da me. Don Bruno al passaggio della comitiva aveva detto: “Ecco che cosa fanno i soldati della Repubblica” e per questo era stato costretto a seguirli. Intanto arriva anche il parroco di Cogna don Gisberto Milanta. Ricevo il testamento e la confessione di quattro dei condannati; uno viene confessato da don Milanta e uno da don Bruno e a tutti io do la Santa Comunione. Nel partire da S. Anastasio li assicuro che le loro famiglie avrebbero avuto assistenza. Baionetta incoraggia i compagni e dice tra l’altro: “hanno ragione di fucilarci, noi amiamo la libertà” e aggiunge: “io perdono”. Arrivati al luogo del supplizio li avverto che hanno di fronte, benché non visibile, la chiesa di Cogna e li esorto ad inginocchiarsi per offrire a Gesù il sacrificio della loro vita. Si inginocchiano tutti; recitano con me l’atto di dolore, ripeto per tutti l’assoluzione, e alternano con me la giaculatoria: “Gesù, Gesù, Gesù mio misericordia”, finché mi si grida: “Reverendo, ritiratevi!”. Si scarica due volte sulle vittime, ma nessuno restò morto; si avvicina il tenente che con la rivoltella colpisce le vittime sul capo per assicurare la morte».