Alle 23.15 di venerdì 1° settembre 1944 qualcuno bussa alla porta della certosa di Farneta.
E’ il sergente della XVI Divisione delle SS Eduard Florin. Dice che deve consegnare un paccetto al maestro dei novizi padre Pio Egger, dice che è urgente, che deve farlo prima di abbandonare il paese (da lì a tre giorni Lucca verrà liberata).
Fra’ Michele Nota, addetto alla portineria, è perplesso, ma il sergente Florin è conosciuto, è venuto spesso in Certosa, si è pure confessato e assistito ad alcune funzioni.
Purtroppo, quella del sergente Florin è una scusa: appena il portone si apre, irrompe con due ufficiali e un gruppo di una quindicina di soldati.
Viene perquisito il convento. L’azione è rapida, i tedeschi sanno già come muoversi, chi e cosa cercare.
I monaci, da diversi mesi, con il sostegno dell’arcivescovo di Lucca Antonio Torrini, offrono ospitalità all’interno del convento a ebrei, partigiani e perseguitati politici. I tedeschi sospettano da tempo e le loro convinzioni sono rafforzate anche da fascisti della zona.
L’irruzione della notte conferma i sospetti. Ci sono circa un centinaio di civili accolti dentro il convento. Vengono arrestati e, la mattina del 2 settembre, trasferiti a Nocchi insieme a padre Egger e al priore Dom Martino Binz.
Nel corso della giornata tutti i trentaquattro membri della Comunità meno uno, malato, sono costretti a lasciare il monastero e condotti anch’essi a Nocchi dove, nei giorni immediatamente successivi, subiscono violenze e sadismi.
All’alba di mercoledì 6 settembre i monaci e i civili prigionieri con loro vengono divisi in due gruppi e tradotti – a piedi, da Nocchi – al carcere di Massa.
Del primo fanno parte padre Binz, il procuratore padre Gabriele Costa e monsignor Bernardo Montes de Oca, oltre che alcuni dipendenti della Certosa, due ebrei e alcuni oppositori politici con le rispettive famiglie. Binz e Montes de Oca non arrivano a Massa: lamentando l’impossibilità di proseguire camminando, vengono uccisi e i loro corpi bruciati e sepolti in una fossa comune.
Dopo giorni di stenti, vessazioni e torture, domenica 10 settembre 1944 si arriva all’epilogo della tragica vicenda. Tra le nove del mattino e il tardo pomeriggio vengono uccise trentasette persone, tra cui dieci certosini e sette dei civili arrestati a Farneta. I monaci che si salvano vengono o rinchiusi nella caserma Dogali di Carrara e lì rimangono fin quando le SS non abbandonano la città o deportati in Germania.
I tedeschi giustificheranno l’eccidio come rappresaglia per un agguato teso a brigate nere, ma i fatti paiono casomai inquadrarsi in una più ampia strategia di repressione contro uomini di Chiesa individuati come oppositori.
I monaci certosini uccisi verranno nel dopoguerra insigniti della medaglia d’oro al valor civile. Padre Costa riceverà invece la medaglia d’oro al valor militare.